
Un viaggio verso

Approdata al Mufant, museo del Fantastico, l’attesa davanti all’ingresso ha l’aria di convivialità, piccoli gruppi si fermano a parlare. Entriamo e scopriamo un mondo di personaggi fantastici nella sala d’ingresso e al piano superiore, dove ci accoglie una ragazza e ci indica il nostro posto. Siamo vicini, seduti a semicerchio e aspettiamo che l’uomo seduto al tavolo di fronte a noi faccia qualcosa. Siamo insieme, le mascherine ci bloccano e proteggono gli uni dagli altri, ma posso sentire i loro respiri. Dopo l’applauso iniziale ci raccogliamo in silenzio attorno alle parole dell’attore che incomincia il suo racconto.
Claudio Montagna, seduto con un computer in mano diventa Josef, un ragazzo. La sua voce profonda colma la stanza. La musica, gli intervalli, gli oggetti supportano la costruzione dell’immagine mentale delle parole. Josef compie un viaggio cercando qualcosa, ma la ricerca continua di senso non sfocia in conclusioni in grado di soddisfarlo. Vorrebbe imprigionare la bellezza mentre la vive per poter continuare ad assaporarla, vorrebbe saperla esprimere, ma gli sfugge dagli occhi e non trova le parole. Lo seguo e in lui rivedo la mia ricerca, nella sua rabbia impotente la mia, e nella sua caccia di bellezza il motivo per cui sono seduta sulla mia sedia ad ascoltare il suo viaggio. Le sue parole risuonano in me, mi faccio accompagnare, assisto e accolgo. A fine spettacolo mi ha portato lontano, mi accorgo di essere sempre io sulla mia sedia, ma con qualcosa in più. Ha viaggiato dentro di me, mi ha ricordato del mio viaggio e della mia ricerca, le sue emozioni hanno risuonato nel mio vuoto di senso fino a colmarlo, le sue parole hanno imposto al rumore dei miei pensieri incasinati di cessare, per ascoltare il suono dei suoi.
Un forte applauso mi riunisce agli altri spettatori, Claudio Montagna è ritornato dal suo personaggio ad attore. A giudicare dagli occhi sopra le mascherine e dalle mani che non vogliono smettere di battere, tutti insieme a lui abbiamo viaggiato. Ritrovarci qui ci ha permesso di condividere i nostri sguardi rapiti, risa che avanzano e mani che battono. Mi chiedo cosa abbiano trovato gli altri, non so nemmeno se io ho raggiunto una meta, ma come Josef nell’ascolto ho trovato qualcuno che mi ha parlato e ha saputo esprimere ciò che cercavo. Mentre scendo le scale, ritrovo i miei pensieri e le mie emozioni, un po’ mi dispiace, la bellezza mi è sfuggita dagli occhi? Vorrei porla in un luogo dove custodirla, ma forse, se durasse sempre e ovunque, non la ricorderei più. Serve che qualcuno ci porti in un posto protetto, dove sappiamo di poterla vivere per un intervallo circoscritto, in cui abbandonarci al rifugio dalla quotidianità.
Alice Mascolo