
Ricordi

Si entra nella sala, quella piccola della Casa Teatro Ragazzi di corso Galileo Ferraris a Torino.
La sala pare proprio piccola piccola e per di più gli spettatori causa Covid si devono disporre a posti alternati in modo che le distanze di sicurezza imposte dai protocolli sanitari siano rispettate.
Proprio in questa piccola sala, si abbassano le luci ed inizia la magia.
Sul palco quattro valigie disposte su tutto lo spazio scenico: sono lì a ricordare i quarant’anni di un burattinaio.
Ricordi che prendono forma davanti agli occhi dello spettatore attraverso burattini: il protagonista gioca con colombe, con una palla da bowling che diventa magicamente la donna che l’uomo ha avuto un tempo.
Intanto un giovane ragazzo porta via dalla scena piano piano le valigie, ma il burattinaio raccoglie da ognuno di esse un pezzettino di quello che alla fine dello spettacolo diventerà un vero burattino che vivrà di vita propria.
Sebbene mi sia difficile capire subito il senso dello spettacolo, perché le parole degli attori sono ridotte all’osso e per di più in spagnolo (anche se sul grande schermo ci sono i sottotitoli), lo spettacolo è bello: le luci, i movimenti degli attori e dei pupazzi mi emozionano. Trovo magnifica e anche romantica l’idea di rappresentare i quarant’anni di un’artista attraverso la sua arte, quella del teatro di figura. Mi sento tranquillo e rilassato, come un bambino davanti ai cartoni animati.Tutte le barriere della razionalità che si sviluppano diventando adulti, in questa ora e mezza vengono meno. Mi ha ricordato la storia di Pinocchio di Collodi, dove Geppetto alla fine riesce ad avere un vero bambino da un burattino.
In questa storia invece è il burattinaio stesso che diventa un burattino.
Alla fine mi rimane un senso di tristezza: il burattino che prende forma e imita i movimenti del burattinaio fanno intuire che l’artista è arrivato al suo traguardo e muore.
Francesco Falcone